Se sei felice

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e tu lo sai…
Si dice spesso che la felicità risieda nelle piccole cose. Se su questo punto tutti, o quasi, conveniamo, ciò che spesso ci risulta più difficile è notarla, la felicità delle piccole cose. Kurt Vonnegut ripeteva spesso, nei discorsi rivolti agli studenti, il seguente monito: “Quando siete felici, fateci caso” (trad. it. Minimum fax, 2015). La felicità implica dunque una quota di consapevolezza che, come sappiamo, va allenata.

e mostrarmelo vorrai…
Raccontami che cosa ti fa stare bene! Abbiamo la tendenza a tacere sulle cose belle che ci capitano durante la giornata. A censurarci sono: modestia, desiderio di non ostentare benessere con chi magari sta attraversando un momento difficile, timore di suscitare invidie, etc. Gli studi suggeriscono invece che parlare della propria felicità instauri un circolo virtuoso che la alimenta.

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Il diario della gratitudine

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Tenere un diario in cui segnare quotidianamente ciò per cui siamo grati incrementa la consapevolezza, la resilienza e, in ultima analisi, il benessere psicologico.

Ecco, questo è ciò di cui voglio convincervi e non perché lo dico io, ma perché aumentano gli studi a dimostrazione dell’efficacia di questo strumento in varie popolazioni cliniche (individui a rischio suicidario, pazienti oncologici, etc.). E se funziona per persone che stanno affrontando sfide così impegnative, perché non credere che possa servire anche per fronteggiare i nostri piccoli e grandi drammi quotidiani, rendendoci pronti in caso di ribaltamenti improvvisi della nostra fortuna.

Questa riflessione di per sé dovrebbe bastare per indurci a correre in cartoleria a comprare un quaderno carino. Ma nei fatti non basta. E per due ragioni. La prima è che siamo culturalmente abituati a prenderci cura della nostra salute mentale solo quando diventa un problema. La seconda è che metterci a scrivere le cose belle che ci accadono può farci sentire stupidi, ché ci sono cose più serie a cui pensare e poi, insomma, non sono nemmeno religioso!

La nostra attenzione è spesso catturata da pericoli reali o potenziali da affrontare e questo ha un vantaggio evolutivo. Se l’uomo delle caverne non fosse stato in grado di immaginare i peggiori scenari possibili non sarebbe probabilmente sopravvissuto ai pericoli della natura e oggi noi saremmo estinti.

C’è da dire però che spesso la nostra testa:

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